L’e-mail, in quanto documento informatico, fa piena prova se non viene disconosciuta

L’e-mail, seppure priva di sottoscrizione, può essere compresa tra le “rappresentazioni meccaniche” di cui all’art. 2712 c.c., pertanto costituisce piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se il soggetto contro il quale viene prodotta “non ne disconosca la conformità ai fatti o alle cose medesime”.

È questo il principio affermato dalla Sesta Sezione Civile della Cassazione, con l’ordinanza n. 11606 dello scorso 14 maggio 2018, con la quale la Suprema Corte si pronunciava in merito ad una vicenda sorta inizialmente dalla notifica un decreto ingiuntivo di pagamento, in seguito opposto dal debitore.

Nello specifico, anche in secondo grado, i Giudici di merito avevano ritenuto che l’esistenza del rapporto commerciale di fornitura – e del conseguente credito azionato – fosse provata dallo scambio di corrispondenza elettronica intercorso tra le parti, tanto che la documentazione prodotta rendeva superflua l’acquisizione della prova testimoniale – oltretutto, nello scambio di messaggi la debitrice aveva riconosciuto la propria posizione debitoria. Tali mail, infatti, non erano mai state contestate dalla debitrice quanto alla loro provenienza o al contenuto testuale. Di conseguenza, avendo pagato una parte del debito in corso di causa, la società veniva comunque condannata a versare la differenza.

La Suprema Corte, con l’ordinanza in commento, mostra di essere dello stesso avviso: secondo gli Ermellini, la Corte d’Appello aveva giustamente ritenuto dimostrata la sussistenza del rapporto contrattuale e della relativa debenza.

Invero, la mail costituisce un documento informatico o comunque un documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti, come statuito dal Codice dell’Amministrazione digitale del 2005, di conseguenza, qualora non venga disconosciuta, fa piena prova dei fatti e delle cose rappresentati; pertanto, il ricorso è stato rigettato.